PAOLO CHIAVON

11 SETTEMBRE 2011

VILLA MABULTON CHIASIELLIS

GOLF CLUB

Paolo Chiavon è nato a Udine nel 1958 e vive e opera a Pozzuolo del Friuli. La partecipazione frequente a mostre collettive lo mette in luce per la sua originalità e cattura immediatamente i favori della critica e dei fruitori.

Chiavon si occupa di arte lignea da più di 25 anni.

 

Le tematiche affrontate e rappresentate nel linguaggio scultoreo di Chiavon sono varie: la donna, gli animali, la musica, le teste, i dischi, l’acqua, l’uomo e il suo pensiero, il suo vissuto, la sua storia e il recupero e conservazione della storia del suo territorio.

Attivo e sempre presente nel suo territorio partecipa e promuove iniziative con: Aghe di Poc, Proloco di Pozzuolo del Friuli, Quadrante Arte.

Proprio l’amore verso il suo PUCUI lo porta a storicizzare, attraverso il mezzo scultoreo la storia del suo paese con la composizione delle opere a titolo: “Undici pezzi di Pozzuolo”, “Quattordici pezzi di Pozzuolo”.

Vicino a Pozzuolo, dietro il paese c’è molto verde, terre coltivate e angoli misteriosi che ben pochi conoscono, proprio qui c’è la

grotta di Tami, dove l’artista ha raccolto sassi per essere inseriti nelle sue composizioni, ma vicino a questa grotta c’è anche la “Fontanute” che offre acqua all’artista da miscelare con la vernice ad acqua usata solo per le opere succitate.

 

 

 

 

Le due opere descritte sono composte da chiodi e pezzi di legno di vecchi edifici storici di Pozzuolo recuperati durante o dopo lavori di demolizioni o ristrutturazioni, questi edifici sono: il Mulino, Ex Latteria, Le Palacine e altre case storiche del territorio.

Chiavon assembla, secondo il suo gusto estetico delicato e attento, i pezzi recuperati e ne fa opera d’arte storicizzata.

Per mezzo delle venature del legno si apre una grammatica vibrante di forme del pensiero dell’artista che ne connota la ricerca scultorea.

Attraverso la sua produzione, Chiavon fa rivivere il legno e gli assegna nuove caratteristiche formali.

Ogni cosa ha un’anima, ma è di pochi la fortuna di coglierne l’essenza e Chiavon, in questo, non disattende nemmeno per un secondo le nostre aspettative. L’artista nell’atto di unire al legno, da lui magistralmente sagomato, altri materiali quali chiodi, sassi, etc.. tesse, in maniera paradigmatica le basi del suo racconto.

Da queste basi prendono il via una serie di simbolismi trasmessi ai suoi materiali.

Il sasso, inserito nelle sculture, simboleggia il passato, esso è fondamenta, è muro di costruzione, ha una sua storia, una sua segreta vita che solo il tempo racconta.

Il legno, con le sue venature, ci consegna la sua storia scritta ad anelli.

L’albero è colui che produce ossigeno e offre i suoi frutti; l’albero che combatte le intemperie e si modifica con il vento, la siccità, l’acqua; l’albero e il suo profumo, le sue pieghe segrete, viene scelto dall’artista con particolare attenzione, viene lavorato in quel corpo a corpo che solo gli scultori sanno fare e  ne nasce espressione e paradigma del mondo reale, di ciò che noi siamo, la nostra personale evoluzione.

 

 

 

 

Chiavon nello scolpire rimuove gli elementi eccedenti e ristruttura ciò che ne rimane in modo di manifestare, lentamente, lo spirito essenziale del pezzo valutato. Completato questo primo intervento l’artista, per mezzo dell’inserimento di sassi e di chiodi va a individuare l’equilibrio e ci destina un’opera dal sapore mistico e raffinato.

Di basilare rilevanza, nella continua ricerca dell’artista, è la conoscenza e l’uso delle varie essenze del legno, la sua curiosità lo porta ad individuare e poi a vivificare le varie tipologie di legno incastrandole magistralmente tra loro.

Pochissime volte Chiavon tinteggia il legno naturale ed è solo attraverso il diverso cromatismo del legno che lui riesce ad ottenere una variegata e accattivante tonalità di colori, ne nasce così un opera di grandissimo impatto visivo e formale.

Il significato che l’artista dà al Chiodo è profondo e le sue parole meritano di essere riportate integralmente senza alcuna modifica perché rispecchiano la base del suo pensiero: “I chiodi, i nostri chiodi fissi, le nostre certezze, le nostre debolezze, i pungoli che ci

fanno “vivere” o morire, oppure i fermi che a volte non ci lasciano crescere. I chiodi per fissare saldamente i nostri ricordi, le emozioni, i sentimenti”.

Attraverso queste parole Chiavon vivacizza di sentimenti la materia che comunica l’eterna poesia della vita.

Da qui si passa da una osservazione personale della vita a una visione cosmica e si realizza un ponte di dialogo tra l’autore e l’universo.

Di grande spessore simbolico sono le sezioni di tronco o dischi, cerchi, che per similitudine mi sorge spontanea la ricerca e il collegamento del significato del cerchio nella cultura dei popoli.

 

 

 

 

 

Il legame tra tutte le culture è questo: tutto ciò che è eterno è legato al cerchio, il cerchio della vita, l’unione dell’inizio e della fine delle cose, il cerchio è il simbolo dell’infinito…doppiamente cerchio.

Nel cerchio è ubicato l’orologio che scandisce i secondi, gli anni, la vita, inesorabile il tempo che passa e che si proietta verso l’ETERNO.

Ma noi non siamo eterni e l’autore appunta questo suo pensiero attraverso il taglio del disco, lo disseziona e ne blocca la continuità.

Il racconto della Vita che inizia, scorre e finisce è il messaggio di Paolo, la sua e di tutti noi.


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