Mostra Collettiva Empirismo Contemporaneo Galleria Castellano, Castelfranco Veneto.

Mostra Collettiva Empirismo Contemporaneo Galleria Castellano, Castelfranco Veneto

 

 

 

 

CRITICA EMPIRISMO CONTEMPORANEO

 

Secondo la corrente filosofica inglese del ‘600 dell’Empirismo (che in greco significa esperienza), la conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall’esperienza. Secondo sempre gli empiristi le nostre ide’e sono fondate sull’osservazione del mondo piuttosto che sull’intuito o sulla fede. Perciò l’arte astratta si riconduce a questa filosofia e fa si che l’esperienza, ossia le varie sperimentazioni fatte dagli artisti sui materiali riescano a tradurre un pensiero astratto, solo perché non è in grado di riprodurre figurativamente tutto quell’emisfero di emozioni, energie e pulsioni creative che altrimenti rimarrebbero inespresse. Una volta scelta la tecnica esecutiva viene dipinto o creata l’opera d’arte con l’istinto, ma non d’istinto, perché alla base di ogni movimento creativo indiscutibilmente c’è una profonda maturazione tecnico-artistica fatta con l’esperienza. Solo grazie all’esperienza si possono comunque raggiungere alti risultati estetici e grazie a questa esposizione siamo sicuramente in grado di dimostrare l’autenticità e spontaneità insite nelle opere esposte. In queste varie espressioni artistiche si esprime l’energia dell’esistenza, l’energia del mondo, il dinamismo che anima di luce, che rende vitale la forma come i colori, puri corpi nello spazio compositivo. Oltre ciò altro dato fondante è che la forma artistica astratta essa sia pittura o scultura non è soltanto sperimentazione, ma espressione pura dell’intimo umano. In esse avvengono le trasformazioni progressive da immagini oniriche in disegni o forme geometriche, in segni che racchiudono in maniera criptica un’infinità di messaggi. L’astrazione diviene così lirismo in cui si inseguono ciclicamente memorie ed intime emozioni.

 

Il termine Arte informale venne ideato in Francia negli anni cinquanta. Attraverso questa dicitura si vuole indicare una comune tendenza tra gli artisti dell’avanguardia atta a condurre verso un nuovo modo di creare immagini, senza dover per forza ricorrere alle forme riconoscibili . L’informale è caratterizzato da due filoni principali: l’informale gestuale e l’informale materico. A questi due orientamenti devono essere aggiunti altri due lembi: lo spazialismo e la pittura segnica. L’azione dell’atto creativo esso sia pittura, scultura o installazioni, vedono l’autore dirigersi verso un’arte d’azione, in cui l’elaborato è frutto perlopiù di un gesto istintivo, o arte segnica, composta da motivi e segni che si richiamano e materico, che viene eseguita con particolari impasti o accostamenti di materiali eterogenei.

 

L’informale gestuale è qui rappresentato dalle opere di Oscar (Wilde) Cirio, che oltre ad ottenere delle immagini, frutto di un intreccio caotico di segni e gocciolature del colore, senza alcun intervento manuale, inserisce ben mascherato il suo messaggio. Un esempio emblematico è il quadro “Carroussel Dripping”, in cui rende omaggio e tributo, ai quattro musei d’arte più importanti siti a Parigi (Musèe du Louvre, Galerie du Jeu de Paume, Musèe d’Orsay, Centre Pompidou Modern Art), De la Ville Lumiére, considerati dall’artista stesso e non solo tra gli intoccabili forzieri del genio umano. Essi sono riprodotti sotto una luce notturna, in una sorta di mappa visibile dalle stelle, dal centro zenitale dell’Arc du Carrousel.

 

Se di messaggi criptati parliamo, gli stessi li troviamo anche nelle opere

materiche dell’artista Valeria Gubbati, che attraverso una pastosa e certa

stesura del colore arricchita da una profonda ricerca personale sia tecnica

che emozionale, inserisce simboli che conducono a temi conosciuti come:

il cerchio rosso simboleggia l’uomo nel suo microcosmo il cerchio della

vita, lo stesso elemento è anche in ricordo ad esempio della luna rossa

apparsa a Medjugorje. Le Rune celtiche, usate peraltro anche da Oscar

Cirio inserite velatamente nelle opere simboleggiano il linguaggio segreto del mondo, Runa significa segreto, sussurrare, cosicché le opere sia

dell’uno che dell’altro sussurrano timidamente un’infinita galleria di

messaggi atti a portarci all’origine delle cose. In principio le rune venivanotramandate oralmente e erano fonte inesauribile di potenza, possibilità e

suggerimenti. Entrambi gli artisti le inseriscono nelle loro opere come

messaggio di buon auspicio offerto agli attenti fruitori.

Oltre ciò la stessa Gubbati inserisce Geroglifici egizi e celatamente anche

simboli della massoneria come anche Oscar Cirio. Tutti questi simboli

sono inseriti nelle opere con il massimo rispetto e vibrante emozione. 

 

Le pensate e non casuali gocciolature di fondo con messaggio scritto sono di Juan Bautista Milani. Le opere proposte sono realizzate con l’ausilio di acrilico e olio sottoposti alla reazione di specifici diluenti che scavano e mettono in luce le superfici inferiori. Questo riaffiorare di strati sottostanti vogliono mettere in luce tutti i livelli dati dall’esperienza della vita che contraddistinguono ogni uno di noi. Le esperienze riemergono continuamente e tracciano fortemente ciò che noi siamo.  Dunque nelle opere informali di Juan Bautista leggeremo: pensieri-sentimenti-fatti-idee. Con l’utilizzo non a caso della scrittura Gotica, l’artista intercala sopra al fondo parti di frasi, apparentemente senza significato, di poesie persiane medioevali (Khayyam), come segno di un rimescolamento culturale/spaziale antico, ma anche molto attuale, dal timbro filosofico-esistenzialista.

 

L’informale di gesto è pienamente rappresentato dalle opere incisorie di Serena Comar in cui la gestualità nel comporre la grafia appuntata nelle tavolette d’incisione la vede liberare le proprie energie interiori. Nel gesto non v’è alcun momento cosciente che cerchi di razionalizzare o spiegare ciò che proviene dall’inconscio, riuscire a risolvere questo moto d’anima è molto rischioso soprattutto se poi si lavora sulle piccole dimensioni. L’artista così da saggio della personale conoscenza tecnica  attraverso la produzione dei piccoli, ma curatissimi ed armonici “pezzetti d’arte”, essi sono il risultato di un lungo e attivo percorso personale di studio e sperimentazione.

La gestualità insita nel tracciare il segno, nello stendere il colore, nell’incidere, graffiare, tagliare, ferire o bucare la materia è riscontrabile nell’opera dell’artista Igor Compagno, in cui la materia di cui è composta la sua opera, appare quale realtà completamente autonoma, oggetto-soggetto di un’arte autosufficiente in sé, che si presenta in primo piano, eliminando qualsiasi rappresentazione che non sia quella di sé stessa in tutte le sue caratteristiche di fisicità spazio-temporale. Interessante è l’inserimento del chiodo all’interno della composizione pittorica atto ad appuntare ed immortalare per sempre l’importanza dell’anima. L’artista lascia poi libero lo spettatore di apprezzare la sua espressione artistica in quanto la missiva principale è quella di dare input alle emozioni che risiedono in ogni uno di noi.

 

L’arte concettuale di Mirco Bardi si muove attraverso le qualità espressive della materia per mezzo dell’unione e della sovrapposizione della materia stessa. Nella scultura, come diceva Vasari e lo stesso Michelangelo, si lavora sempre sulla sottrazione. Così la poetica artistica di Bardi si pone nei confronti dell’arte pittorica, che lo vede impegnato da un iniziale figurativo a sottrarre le forme, i contorni e a  ricercare la tridimensionalità. I fondi, gioco forza, divengono essi stessi parte integrante dell’opera stessa e fungono da rafforzativi alla materia a loro consegnata. Le ombre ottenute tra giochi di pieno e vuoto narrano un mondo, il mondo della natura contrapposto al mondo industriale. Tocchiamo così le rime dello spazialismo astratto di Burri, Fontana e Rothko. L’artista compone effetti spaziali del tutto inediti, suggerendo atmosfere immateriali che vanno al di là dello spazio percettivo naturale.

 

L’informale di materia è invece rappresentato dall’artista Mirca Cantoni che, attraverso la sua intensa sperimentazione sulle resine rompe il confine tra immagine bidimensionale e immagine plastica. La gran signora e padrona incontrastata nell’opera della Cantoni è la resina sia addensata che liquida, alla quale talvolta vengono mescolate polveri metalliche, ossidi, thè o elementi della natura quali: semi, polveri naturali o foglie. Le opere realizzate da Mirca sono il frutto di una profonda osservazione di ciò che la circonda, esse rappresentano un flusso di energia, che corre senza inizio né fine e portano con se lo scorrere della vita, dell’energia e delle riflessioni intime dell’artista. Le superfici lavorate, esse siano irregolari o ruvide, morbide o levigate manifestano sempre e comunque la vivacità creativa e lo scorrimento dei pensieri dell’artista stessa.

 

 

Il gesto artistico che si trova nel mezzo tra materico e segnico è assegnabile all’artista Giuseppe Gismano che propone atmosfere immateriali e non terrene, presentando una nuova visione di spazio, oltre lo spazio naturalmente percepito. Le pennellate sono generate da un gesto ampio, tracciato a pieno braccio talvolta realizzato con segno pesante, altre volte alleggerito e quasi velato. Il gioco armonioso così creato sembra riprodurre una partitura musicale dove il colore scandisce emblematicamente ritmi e pause di lettura. Le superfici morbide e molate inducono a sensazioni di piacevolezza e distensione, nonostante talvolta sia presente un caotico intreccio di segni colorati o la ricerca nascosta di una forma primitiva. Il risultato così ottenuto è del tutto automatico e deriva da gesti compiuti secondo movenze in cui la gestualità parte dalla liberazione delle proprie energie interiori, dove la ricerca della luce è l’aspetto più importante del suo modus lavorandi.

 

Concludendo la saga della pittura è interessante lo studio degli equilibri geometrici associati all’armonia del colore condotto dall’artista Maria Oliva Jacuzzi e sono il frutto del simbolismo proteso a dare visibilità al mondo complesso che lega arte e psicologia, dirigendosi ben oltre l’indagine estetica e l’approccio strutturalistico. Le forme e gli spazi descritti paiono cristallizzati nel tempo. Si ha come l’impressone che dal silenzio della composizione affiori il suono dell’enigma dell’esserci in un frangente collegato ad una certa sensibilità moderna. Lo spettatore è inebriato dal colore e viene affidato a panorami enigmatici dove l’andamento essenziale della linea distingue il profilo di lettura dell’assortimento cromatico ed originale che, pur nel suo modernismo, potrebbe definirsi come un’odissea della memoria fatta di forme e volumi semplici e squadrati, dai contorni nitidi e definiti in cui l’artista coniuga la forma gestualica con la forma simbolica attraverso l’uso di stilemi tipici come la simmetria e la compartimentazione dello spazio.

 

Gli scultori

 

Nella scultura segnica di Pietro Galliussi (legno)è la tecnica la padrona incontrastata dell’innovazione della poetica artistica che l’autore ci manifesta attraverso una sequenza di figure che si espandono nel loro microcosmo e dove solo lì assumono un loro ben preciso significato. Alla base della poetica artistica di Pietro Galliussi c’è l’ esigenza continua di utilizzare e riutilizzare materie povere, per lui le cose, anche le più comuni, hanno sempre un valore, un’anima e basta saperle rispettare. Galliussi va via via rinunciando alla bellezza e alla perfezione e da sempre più spazio all’istintività dell’azione artistica. L’opera di Galliussi non è unicamente sforzo, lavoro, esercizio, tecnica, ma anche visione, azione, vuoto, nulla, tutte cose che, come quelle faticose, difficili e noiose, fanno parte della vita e la vera arte parla sempre della vita.

 

La ricerca della forma, dell’effetto del chiaro scuro e specialmente la sperimentazione di vari materiali come l’osso, sono la nota distintiva di tutta la poetica artistica della scultrice Adriana Ghiraldo (pietra aurisina). In particolar modo l’autrice direziona la luce in base agli stati d’animo che la nutrono nel momento dell’esecuzione, se infatti deve esprimere forti stati d’animo, oltre allo slancio verso l’alto conferito alle opere, noteremo che predomineranno anche superfici curve,  ben levigate in cui la luce non andrà a scontrarsi con la materia ma scivolerà lentamente, senza ostacoli; gli effetti di chiaroscuro non daranno così contrasto ma si fonderanno insieme in un armonia di toni. Adriana è un artista che ha investito profondamente sulla meditazione totale della forma, sulla struttura della materia, sulla codificazione dell’idea in forma, sul mestiere ed il ruolo dell’artista, che sin dall’antichità dà voce agli archetipi, e li traduce in immagini scultoree rigorose e mediate. L’artista non aderisce così ad un determinato filone storico-critico, pure leggibile in alcuni accenti, ma definisce e precisa nella forma il sentimento della creazione, lo strumento primordiale, magico ed atemporale, gioioso e vivo della percezione sensibile della materia.

 

La scultura concettuale di Tina Lattarulo eseguita in rame dorato è minuziosa nella resa dei particolari ed attenta e sensibile alle peculiarità della materia. La scultrice intercala forme tondeggianti a forme acuminate, sfruttando a pieno le proprietà della materia sulla quale lavora. Il risultato ottenuto è una delicatissima fusione dell’opera con l’ambiente circostante che interagisce con essa rispecchiandosi con i propri colori e i quotidiani mutamenti, cosicché, giocoforza, il materiale usato dalla Lattarulo è destinato, grazie al continuo riflesso dato dalla luce circostante a mutare continuamente forma. Altro dato essenziale e fondante nell’opera dell’artista è l’interazione con il fruitore che ammira le sue opere, il quale rispecchiando la propria immagine nella scultura offerta inevitabilmente viene invitato a guardarsi dentro e ricercare in se stesso la vera essenza della sua anima. Attraverso queste opere si suggella una relazione magica che legherà per sempre il mondo delle idee ed i destini dell’uomo.

 

Mario Carlin (ferro) Gli elementi comuni a tutti gli interventi di Mario Carlin sono: ferro, acciaio, piombo, modellati, piegati, assemblati in maniera così particolare da creare delle forme umane che potrebbero suggerire l’interpretazione di realtà totemiche o di esseri zoologici di un bestiario quasi fantastico, dico quasi perché comunque alla base c’è sempre l’uomo e la sua mente e la natura resta sempre la guida.

I soggetti rappresentati sembrano essere sospesi sulla soglia di uno spazio senza tempo e ciò costituisce per l’artista una delle soluzioni allo scontro tra microcosmo (individualità) e macrocosmo (ciò che ci circonda).

Il sangue sembra pulsare nelle sue opere e questa vibrazione è stata studiata secondo una strategia operativa precisa dall’artista e che ne andrà a far parte del suo repertorio gestuale.

 

La scultura in ferro dell’artista Giacomo Filippini si sveste completamente della durezza del materiale stesso e ne sfrutta invece la singola duttilità. Filippini nel suo lungo e attento percorso di ricerca e sperimentazione ha imparato a riconoscere i molti segreti e le innumerevoli potenzialità di una materia apparentemente poco duttile, fredda e pesante. Grazie alla conoscenza acquisita, con il continuo lavoro sulla materia destinata alla realizzazione del suo pensiero, Filippini raggiunge una padronanza e sicurezza emblematica nei confronti del materiale, adoperandolo così con sfrenata genialità ed esagerandone le insite potenzialità. La poetica artistica di Filippini si rivolge perlopiù alla natura, cosicché le sue sculture sono collegate ad un mondo arcano, dove ogni evento si svolge con tutta naturalezza, il ferro così diventa leggero come l’aria, dinamico come il vento e scorrevole come l’acqua.

 

Raffaella Ferrari critico d’arte

 

 

 

 


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