GIORGIO EROS MORANDINI.

GIORGIO EROS MORANDINI

9 OTTOBRE 2011

VILLA MABULTON CHIASIELLIS

GOLF CLUB

Giorgio Eros Morandini è nato a Mortegliano (UD) nel 1959.

Figlio di marmista, i primi materiali cui si è avvicinato e per cui nutre da subito curiosità sono state le pietre, palline di marmo con cui giocava.

Ha frequentato corsi di Storia dell’Arte Contemporanea, disegno e ceramica presso la Scuola d’Arte e Mestieri “Giovanni da Udine”.

Dal ‘93 dedica la sua vita solo a questo mestiere e dal ’94 incessanti sono le mostre collettive e personali internazionali cui partecipa, cogliendo elogi sia dalla critica che dai fruitori.

Dal 1996 fondamentali per la sua crescita artistica e professionale sono gli incontri con i maestri Meneguzzo, Sangregorio, Lenassi, Azuma e il direttore dei musei di Lugano Walter Schӧnenberger.

E’ fondatore e docente dei corsi di scultura su marmo presso le cave di marmo di Arzo, nel Canton Ticino.

I temi trattati da Morandini derivano dalla sua tradizione contadina, sono tematiche attinte dal suo vissuto quotidiano, l’unione dell’uomo con la natura.

In lui i movimenti del cosmo, come ad esempio l’influenza del flusso della luna nelle nostre attività lavorative e di vita, che determina i tempi giusti di semina, raccolto, lo scandire delle maree, etc…, si svelano attraverso la scultura come misteri universali.

La luna è la signora delle acque. Essa rappresenta la ciclicità, i ritmi individuali in comunicazione con i ritmi cosmici, esprime il potenziale pieno e il potenziale vuoto, la creatività, la faccia nera e la faccia illuminata: la luna domina l’acqua, sia corporee, sia degli oceani, domina i sentimenti e le emozioni, i legami.

La poetica di Giorgio è così incentrata sull’acqua e il suo movimento, sugli elementi e le loro unioni e risonanze.

L’artista è affascinato da questa sostanza che c’è e non c’è, si fa toccare, assorbire e plasmare, sente la sua essenza, il suo spirito antico, in ogni particella avverte la sua storia.

In Morandini la ricerca è studio dell’acqua, la sua anatomia, la sua energia, la sua forza e impalpabilità e la sua forma, che non è mai casuale, ma è spinta da forze segrete e proprie interne energie.

La scelta ragionata del materiale da scolpire, esso stesso sia marmo nero Belgio, Pietra Piasentina o Marmo Lasa dell’Alto Adige, dona alle sue sculture una sintesi poetica dal risultato straordinario atto a consegnarci la sua personale sensibilità plastica unita alla propria originalità espressiva.

Giorgio da vita ad ogni pietra che affronta, al di la della resistenza e della difficoltà che incontra nello scolpire per mezzo dell’idea della sua mente, egli plasma l’impalpabile, il fuggevole, l’attimo e si basa unicamente sulla sua enorme percettibilità e analisi plastica.

Lo scultore mostra di aver assimilato con dovizia la lezione dei grandi maestri del passato con particolare attenzione a Michelangelo.

E come dice Michelangelo in alcuni scritti, dove enuncia il concetto di scultura: “ La figura è presente nella mente dell’artista e nella materia, la scultura non è un fare, ma togliere materia. La figura non è visibile, ma esiste, la bravura dell’artista sta nel far emergere”. Michelangelo ancora parla della roccia come Platone parla dell’anima: “ Man mano che si toglie materia dalla roccia emerge la figura. Così l’idea (la figura) è imprigionata nella materia. Come la nostra anima è imprigionata nel nostro corpo”. (Fedone di Platone). Michelangelo riprende questo concetto e lo fa proprio rapportando il corpo e l’anima alla materia e alla forma.

Lo stesso Vasari nel paragrafo dedicato alla Scultura, capitolo I dice: “ La scultura è un’arte che, levando il superfluo della materia suggetta, la riduce a quella forma di corpo che nell’idea dello artefice è disegnata”.

Ma come arriva alla forma definitiva Morandini?

Appurato che la scultura non è un arte istintiva, ma di profonda ricerca e studio, Morandini schizza un disegno preparatorio, crea un piccolo modellino già in marmo o gesso, poi lo ingrandisce e procede direttamente nel creare l’opera risolutiva.

Egli con flex sottrae e con il martello pneumatico per gradina va a modellare e dominare la pietra cercando le corrette armonizzazioni delle parti ed gli equilibri.

A volte però, come è successo per la realizzazione delle onde, salta la realizzazione del modello per passare direttamente dallo schizzo alla fase esecutiva.

Giorgio, una volta sgrezzata la pietra e appuntata la forma passa alla cura del particolare, al far uscire la luce dalle sue sculture, cosicché la levigatezza della lavorazione crea superfici su cui la luce scivola in maniera avvolgente e ne mette in risalto la delicatezza degli effetti plastici.

 

 

 

 

 

Il riferimento realistico lascia così spazio all’astrazione e diviene sintesi di ragione ed emozione, astrazione e realismo, nascono forme protese verso la libertà e la vita, cariche di forza vitale rimarcate dalla compenetrazione tra pieni e vuoti, levigato e opaco, assottigliato e robusto.

Acqua dunque come pietra, Elemento umido (legame) e Freddo (contenere), incarna lo stato liquido della flessibilità, del rinascimento della materia, la quale tutta ricettività e inerzia, si muove secondo le impressioni ricevute. L’acqua è privilegiata rispetto agli altri elementi, perché, nella sua imprevedibilità possiede tanto la calma, la gravità e la profondità abissale della terra madre, della pietra, quanto l’inquietudine dell’aria e la mobilità del fuoco.

L’alto livello di rispetto raggiunto dall’artista verso gli elementi da lui raffigurati e la materia che scolpisce gli fa raggiungere livelli di comunicazione d’altissimo spessore che va oltre la fisicità, traducendo dinamicamente il suo moto interiore.

 

Per Giorgio la memoria della pietra ha un valore ancestrale che si collega direttamente al mito.

I miti sono la nostra infanzia interiore, la nostra creatività, sono racconti sacri, scritti, che accompagnano la nostra vita e si riversano sempre su ciò che facciamo, ecco le radici profonde che riemergono e sta solo ad animi sensibili ed eletti a dar forma in sintesi a temi della vita così profondi come gli abissi.


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