Catalogo delle Opere – ROBERTO SAGLIETTO – 60. Biennale di Venezia 2024 – Pavilion Bangladesh a cura di Viviana Vannucci – testo critico di Raffaella Rita Ferrari e Giancarlo Bonomo.

Catalogo delle Opere – ROBERTO SAGLIETTO – 60. Biennale di Venezia 2024 – Pavilion Bangladesh a cura di Viviana Vannucci – testo critico di Raffaella Rita Ferrari e Giancarlo Bonomo

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OLTRE IL VELO DEL REALE

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Ogni pennellata è un respiro del mondo, ogni tela un’eco dell’Assoluto.’ Emilio Vedova

La poetica artistica di Roberto Saglietto incarna un affascinante viaggio nell’esplorazione della forma e della materia. Attraverso un linguaggio pittorico denso di suggestioni, l’artista ci conduce in una dimensione atemporale, dove la tela si fa schermo per la rivelazione di sottili dinamiche metamorfiche. Ogni pennellata, ogni accostamento cromatico, sembra evocare antiche conoscenze e misteriose verità celate dietro l’apparenza sensibile del reale. Un viaggio introspettivo dell’Io verso una dimensione più alta e riflessiva. Lungi dall’essere una semplice direzione da seguire, l’Arte diviene invece il mezzo per elevarsi, evolversi e per comprendere e conoscere quell’Io Superiore, l’Idea, che è essenza dell’Uomo. L’osservazione attenta e la pratica incessante sono i pilastri fondamentali che guidano l’artista in questa esplorazione fenomenologica della forma. Saglietto si immerge in una sorta di meditazione visiva, dissezionando con maestria gli elementi prospettici, cromatici e spaziali che compongono le sue tele. È in questo fervore creativo, in questo abbandono all’impulso istintivo, che l’artista trova il suo sfogo più autentico; un’espressione libera da vincoli, in cui l’invenzione può finalmente dispiegarsi senza filtri e prendere forma. Le tre principali serie artistiche di questo autore sono: ‘Le Finestre sul Mondo’, ‘Le Linee nel Tempo’ e ‘Gli Alberi della Vita’, che sono il risultato di un profondo percorso di riflessione e di riavvicinamento a se stesso. Queste opere non vanno intese come semplici prodotti finali, bensì come tasselli di un continuum in costante evoluzione, in cui ogni creazione si alimenta delle esperienze maturate attraverso le opere precedenti. Tali cicli artistici sembrano riflettere una visione olistica dell’esistenza, in cui Microcosmo e Macrocosmo si fondono in un’unità inscindibile. Le ‘Finestre’ così evocano dimensioni metafisiche, porte d’accesso a realtà sconfinanti, mentre le ‘Linee del Tempo’ suggeriscono un’interpretazione ciclica della vita, in cui passato, presente e futuro coesistono in una dimensione spirituale. Gli ‘Alberi della Vita’, dal canto loro, rimandano al simbolismo archetipico dell’albero, emblema della connessione tra Terra e Cielo, tra Materia e Spirito. Questi cicli rivelano un’attenzione particolare di Saglietto verso le strutture portanti del Reale. ‘Finestre, Linee, Alberi’, divengono così segni tangibili di una realtà più profonda, che si propone di indagare e di svelare attraverso il linguaggio dell’Arte. Ogni opera trova la sua giusta ubicazione, si apre su dimensioni altre, trascendenti la mera fisicità degli elementi rappresentati. Questo percorso artistico si configura come un viaggio di scoperta e di ri-connessione con l’essenza dell’Essere, in cui la creazione artistica funge da catalizzatore per un processo di auto-riflessione e di riscoperta delle nostre radici più profonde. È attraverso l’atto creativo che riusciamo a dare forma e voce a ciò che altrimenti rimarrebbe celato, portando alla luce quegli aspetti più intimi e universali della condizione umana. In questo senso, l’Arte diventa uno strumento privilegiato per attingere a quella dimensione essenziale che ci accomuna e allinea gli uni agli altri, trascendendo così i confini dell’individualità per legarci ad una sfera più ampia di significato e di esperienza condivisa. È in questo spazio di risonanza emotiva e di rivelazione interiore che l’artista e il pubblico si incontrano, dando vita a un dialogo profondo che ci ricorda la nostra comune umanità ed i simili percorsi faticosamente affrontati per caldeggiare la nostra personale evoluzione e far emergere il talento, perché alla fine, siamo tutti esseri unici. Così, la via artistica si configura come una forma di ricerca esistenziale, un viaggio di scoperta che ci invita a esplorare le profondità del nostro Essere e a ritrovare quel senso di appartenenza alla vita stessa. È in questa dimensione di profonda risonanza che l’Arte realizza il suo più alto scopo, diventando uno strumento di trasformazione personale e collettiva.

RAFFAELLA RITA FERRARI – copyright © 

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Le mappe eloquenti di un viaggio

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Spesso ci si interroga sul ruolo delle Arti nel contesto sociale di crescente espansione tecnologica fra contraddizioni ideologiche, politiche ed economiche, di un mondo dominato da continue divisioni. Aldilà del mero e scontato fenomeno commerciale, connesso al mercato del collezionismo, molti ne hanno evidenziato la funzione consolatoria, quale rifugio alle tragedie della quotidianità. Altri ancora, quella decorativa, legata al puro diletto estetico. Ma forse, non abbiamo riflettuto abbastanza sul fatto che l’espressività è un’Energia che muove, modifica, crea contaminazioni. Come tale, stabilisce connessioni, confronti, punti di contatto. In altre parole, ha il potere di unire ciò che la crudezza della vita si ostina a dividere con bieca indifferenza. E forse, non è un caso che Roberto Saglietto partecipi ad un progetto – nell’ambito della Biennale Arte 2024 – che sostiene a gran voce un principio di unione, aprendo la discussione sul ‘relativismo del concetto di diverso e di straniero’, nell’ipotesi futuristica di un contatto con gli alieni. Infatti, la cifra stilistica di questo artista riservato e metodico, esprime con estrema chiarezza l’idea di una perenne connessione fra tutto l’universo mondo, pur nelle palesi lacerazioni. E ci piace pensare alla sua vicenda artistica come ad un viaggio contemporaneo, fra le incertezze della Notte dell’Anima, talvolta popolata da sogni ‘claustrofobici’, e il sollievo del Giorno che illumina restituendo armonia. Saglietto dipinge linee, demarcazioni che assumono le forme di infissi, vetri, specchi deformati. Nella serie delle ‘Finestre’, di vago sapore neo-cubista, i suoi occhi si posano sulla complessità di un mondo labirintico, articolato (e disarticolato) in riquadri ben confinati che contengono al loro interno realtà misteriose, inafferrabili, che, per effetto della voluta tridimensionalità, paiono precipitare in un Indistinto che non ci è dato conoscere. Il Pensiero logico pare impigliarsi fra le reti del Vuoto, di quell’irrazionale che sfugge. Le delimitazioni sono nette, ma i labirinti simili a condomìni metafisici, sospesi in una dimensione sconosciuta, hanno smisurate profondità mentre l’occhio ricerca vie di uscita. Il ciclo delle ‘Linee’, invece, segna un rito di passaggio, il momento di transizione. I riquadri sono meno assillanti, le linee policrome si spezzano in tanti segmenti che si librano nell’aria e precipitano nello spazio. Tutto richiama, in una lettura semiologica, la frantumazione di schemi prestabiliti, di ingannevoli realtà figlie dell’apparenza mascherata. Eppure questo spaesamento geometrico, in cui immaginiamo slanci di intuizione pura e calma meditativa, indica aperture, possibili soluzioni. Un rompere per ricomporre qualcosa di nuovo. Magari una condizione interiore diversa. E qui, il pensiero si quieta. Ma il viaggio continua. Ora c’è bisogno di più spazio ancora, di aria. E nuovi confronti. Con la Natura, ad esempio. La medesima tensione vitale, paziente e rigorosa, germoglia con vigore nelle composizioni dedicate agli ‘Alberi della Vita’. Ci sono sempre affollamenti ed intrecci, è vero. Tuttavia, la Natura stessa ci insegna a smussare gli angoli per favorire i tratti rotondeggianti, a levigare spigoli e ricercare armonie geometriche. Certo, un bellissimo insegnamento. Gli alberi che richiamano la simbologia biblica, qui si presentano in una semplicità disarmante ma non meno priva di incanto. I colori appaiono più caldi e vividi, gli spazi si dilatano, la luce filtra con silenziosa dolcezza. I tronchi si avvicinano mentre i rami si intersecano, come un abbraccio spontaneo e necessario. La Natura pare mostrarci qui la regola non scritta, il precetto dimenticato. Non sa che farsene dei muri, delle barriere di vetro e acciaio, dei pregiudizi. In tempi come questi, abbiamo la sensazione di dover ricominciare daccapo, per evitare il naufragio esistenziale. Saglietto, nei suoi lavori, ci indica delle mappe eloquenti, dei possibili percorsi da seguire. Altri, invece, da evitare per non rimanere prigionieri di qualcuno o qualcosa. Neppure di se stessi. Davanti ai suoi quadri, ci sentiamo come dei viandanti che osservano tracciati con segnali di Vita da interpretare. E, mentre s’interrogano sul da farsi, maturano una nuova convinzione: che forse tutto ha un senso, una direzione, e che la vera ricchezza è il Tempo presente vissuto, come un dono, a pieno respiro. Perché, senza la consapevolezza del presente, nessuna forma di Felicità può essere possibile.

GIANCARLO BONOMO – copyright © 

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